domenica 24 aprile 2011

BUONA PASQUA

Auguro a tutti una serena Pasqua...  a chi la trascorre in famiglia, a chi con gli amici, a chi con l'amore a chi da solo e a chi col prorpio cane, a chi mi vuol  bene e a chi no ...che sia per tutti voi un momento felice, e che la felicità non si limiti ai giorni di festa... un abbraccio

mercoledì 16 marzo 2011

Buoni propositi...

Tra i vari impegni, nell'ultimo mese ho cucinato poco, e di conseguenza il blog versa in stato di abbandono. Dopo un mese di latitanza, ritorno con tanti buoni propositi. E oggi, complice l'insonnia, vi anticipo quali saranno le prossime ricette... Allora, la prossima sarà di certo la torta Paradiso, ricordo di infanzia che si rinnova ogni volta che la preparo, e poi, per acquietare quel logorroico grillo parlante della mia coscienza di nutrizionista, i finocchi al pomodorino. Ma, siccome tormentare il suddetto grillo è il mio sport preferito spero di pubblicare anche la ricetta delle mie frolle alla crema, che, nella loro storia hanno seminato molti innamorati e molti grilli stecchiti... ma tant'è! Bene,per ora non prendo altri impegni "morali" che già così avrò un bel da fare. Vi abbraccio.

martedì 15 febbraio 2011

Orzotto agli spinaci



Il mio pusher di verdura biologica oggi ha deciso per me: spinaci stupefacenti. Resistendo alla tentazione di fumarli, ci ho preparato un orzotto veloce del quale voglio parlarvi

Cosa ci serve (per 2 persone )?
-Spinaci [o altra pianta psicotropa  :) ]
-Orzo perlato diciamo 6 cucchiai
-Olio extra 2 cucchiai
-Parmigiano grattugiato 3-4 cucchiai
-Sale
-Dado, possibilmente senza glutammato

Scottate gli spinaci in acqua leggermente salata per due tre minuti, scolate e sminuzzate bene. Versate un filo d'olio in una pentola con uno spicchio d'aglio e fatevi tostare l'orzo perlato per qualche minuto. Rimuovete l'aglio e aggiungete gli spinaci e due bicchieri d'acqua bollente nella quale avrete sciolto mezzo dado. Una volta ripreso il bollore abbassate la fiamma e fate cuocere girando di tanto in tanto per evitare che attacchi, ora non vi resta che attendere il tempo di cottura dell'orzo, mediamente mezz'ora. Se nel frattempo l'orzotto si asciuga troppo aggiungete altra acqua. A fine cottura unite il parmigiano grattugiato e lasciate sciogliere. Impiattate e spolverate di pepe appena macinato. C'est tout!

domenica 13 febbraio 2011

Anche bagnare un babà è una cosa seria

Chiedo perdono per il ritardo con cui pubblico la seconda puntata del babà. Non ho scuse, ma voi mi perdonerete lo stesso, vero? Eravamo rimasti ad ammirare il nostro bel babà ciclopico ma per non limitarci ad ammirarlo rimbocchiamoci le maniche e prepariamo la bagna. Forse i puristi del babà al rhum troveranno da ridire sulla mia bagna analcolica e speziata, ma la mia ricetta è la seguente:


Acqua 1 litro abbondante
Scorze di 2 limoni
1 stecca di cannella
Zucchero circa 1kg (eh si, siate larghi di mano perchè il babà contiene pochissimo zucchero e diventa "un dolce" proprio grazie alla bagna)


Fate bollire le scorze di limone e la cannella per il tempo che vi sembra sufficiente, assaggiate e quando il sapore vi garba aggiungete lo zucchero e lasciate bollire quanto basta affinchè si sciolga completamente.
La bagna è pronta, eliminate le scorze di limone ma non la stecca di cannella e lasciate raffreddare bene. Resistete alla tentazione di bere la bagna come tisana, è buonissima, ma davvero ipercalorica!
Bagnare un babà non è un'operazione così ovvia come sembra, quindi lasciatemi spendere due parole sull'argomento! Cominciate riposizionando il babà nello stampo in cui lo avete cotto, no non sono impazzita fate come vi dico! Ora con uno stuzzicadenti bucherellate delicatamente il fondo del babà e iniziate a versarvi su la bagna, lasciando il babà nello stampo. Questo barbatrucco permetterà al nostro babà di mantenere un portamento regale piuttosto che spiaccicarsi nel vassoio come un'ameba. Quando la bagna sarà quasi terminata capovolgete il babà nel piatto da portata facendo attenzione perchè ora pesa non poco. Probabilmente questo passaggio sarà accompagnato da un notevole spargimento di bagna sia sul piano da lavoro sia al suolo ma con un po' di attenzione possiamo risparmiare le pareti e il soffitto. A questo punto abbiamo un babà pronto da mangiare e una cucina pronta da pulire, e, qualunque cosa decidiate di fare per prima, vi auguro di farla col sorriso, cari lettori. A presto. 

mercoledì 26 gennaio 2011

Il babà è una cosa seria 1


Dopo la cucina esotica e quella sperimentale, ritorniamo a qualcosa di più vicino alla tradizione, parliamo del babà. Già il nome ispira cose morbide e profumate: “si nu babbà”è una tipica espressione delle mie parti che sta ad indicare che la persona a cui la rivolgiamo ci ispira dolci pensieri o è particolarmente amabile. Un'altra accezione, forse un po' materialista ma correntemente in uso nella mia amena vallata, è “fare i babbà” , che indica la capacità più o meno spiccata di essere produttivi, quindi fare i babbà è, come dire, fare soldi e uno coi babbà è, come dire, un buon partito.
Non a caso, per  un malinteso, i pasticcieri rappresentano il sogno proibito di tante donzelle senza dote. Quindi, se dal vostro pasticciere c'è una lunga fila di spasimanti e voi non avete voglia di attendere il vostro turno per affondare i denti sul babà, vi racconto la mia ricetta. Se invece, i denti siete intenzionati ad affondarli sul pasticciere, mettetevi in fila che uno con tanti babà è una preda ambita. Per i più sobri tra voi, veniamo alla ricetta. Cosa ci serve? (dosi per un babà smisurato)

-1 kg circa di farina manitoba
-1 cubetto di lievito
-mezzo bicchiere d'acqua
-1 cucchiaino di malto d'orzo (barbatrucco non-più-segreto)
-8 uova
- 80 g di zucchero
-140 g di burro o margarina 
-sale, un bel pizzico
-pazienza, una bella carriola



Iniziamo col convincere il lievito  a comportarsi in maniera egregia: scioglietelo nell’acqua assieme al malto d’orzo e 2-3 cucchiai di farina, fino ad ottenere un impasto semiliquido che lascerete riposare una decina di minuti, il tempo di vederlo aumentare un po’ di volume, nel frattempo pesate gli altri ingredienti. Ora, se avete un’impastatrice o una macchina del pane lanciate tutto dentro, compreso l’impasto lievitato, prima gli ingredienti liquidi e in ultimo la farina. Iniziate con 700 g di farina e valutate la consistenza, aggiungetene altra gradualmente, fino ad ottenere un impasto che si stacchi bene dalle pareti (o dalle mani in caso stiate impastando a bicipiti, se poi i bicipiti sono quelli di un aitante collaboratore, sappiate che il babà, con i suoi tempi di lievitazione, vi concederà tutto il tempo di fare un altro buon uso di quei muscoli). Comunque sia, io, sprovvista di un collaboratore fosse anche scadente,  utilizzo la macchina del pane, programma “impasta e lievita” , un’ora e mezza, in definitiva dovete attendere che la vostra palla di pasta raddoppi di volume. A questo punto imburrate e infarinate uno stampo per babà da 30 fette e adagiatevi l’impasto, facendo in modo che sia distribuito più o meno uniformemente se non volete un babà che pende. Per la seconda lievitazione, vi aspetta un’altra pausa che sono certa impiegherete nel migliore dei modi. La lunghezza di questa pausa dipende dalla temperatura ambiente, infatti se in estate il babà impiega circa mezz’ora a raddoppiare nuovamente di volume, nei giorni della merla siamo sulle due ore, due ore e mezza. Regolatevi col buon senso. 


Ok, è raddoppiato? Quindi  è l’ora di infornare, in forno già caldo, a 180° per circa 25 minuti, o fino a quando il “fondo” del babà è un po’ più che dorato. E ora, amici, sfornate, sformate e ammirate! Soddisfatti, vero?! Chiedete un bacio-premio al vostro bell’aiutante ma mandate anche una benedizione  all’autrice di questo blog, così stanca dopo questa lunga ricetta che della bagna che serve a completare l’opera ve ne parlerà nel  prossimo post e che ora va a cercarsi un aiutante per riprendersi dalla fatica… Vi abbraccio, amici lettori!

venerdì 14 gennaio 2011

Hummus a occhio…




Qualche anno fa, durante un viaggio in Giordania, mi venne proposto un corso di cucina locale e io, come è facile  immaginare, mi ci sono precipitata a razzo. Bene, un corso destinato a turisti di ogni nazionalità, dovrebbe tenersi quanto meno in inglese, non vi pare? E invece no, vista la prevalenza di tedeschi, il corso si teneva nell’aspra parlata teutonica. Considerata la mia scarsa dimestichezza con l’idioma in questione era come guardare un film muto. Comunque sia, qualcosa ho appreso, nonostante il tedesco, e nonostante lo chef fosse  più interessato alle grazie giunoniche delle germaniche figliole che all’evoluzione spiritual-culinaria delle sue alunne. Specialmente di quelle sprovviste di grazie giunoniche. E infatti, mi fece capire che, per cominciare, dovevo mettermi da parte e pelare delle patate che sarebbero servite in seguito… Seeeeee,  con un gesto eloquente quanto volgare, gli spiegai che le patate le poteva anche pelare sua sorella. Infatti avevo adocchiato, su un banco adiacente, qualcosa di molto più interessante…ceci, la mia passione! Incurante delle proteste dello chef mi misi ad osservare come preparare l’hummus, la salsa di ceci e sesamo che, nei paesi arabi, rappresenta il più tipico degli antipasti e viene in genere accompagnato col pane, quel pane sottile e poco lievitato, ma profumato e invitante, che noi chiamiamo pane arabo... ma che in loco chiamano pane e basta! Siccome adoro questa ricetta, e mi riempie di orgoglio sia come cuoca che come nutrizionista, voglio condividerla con voi. Cosa ci serve per fare l’hummus o qualcosa che gli somigli?

-Ceci, diciamo 150 g secchi
-Tahin,  diciamo 2 cucchiai
-aglio
-limone
-peperoncino in polvere
-prezzemolo
-sale
Il tahin è il burro di sesamo, si trova nei negozi di prodotti biologici.


…non vi garantisco che gli ingredienti della versione originale fossero solo questi, ma, essendo  un hummus a occhio, accontentatevi! Bene, la preparazione è facile facile, alla fine non faremo altro che un gran pappone dei succitati ingredienti, ma andiamo per gradi. Trattandosi di legumi, come sempre, ricordatevi la sera prima di metterli a bagno. Per la cottura, in media, 45 minuti con pentola a pressione e un'ora e mezza senza. Fate attenzione, alcune varietà di ceci devono cuocere meno, comunque sia, fidatevi dell’istinto… guardate in faccia il cece e cercate di sondarne le intenzioni…ti spappolerai?? Rispondimi! Fai il prezioso? Ah, si… e io ti cuocio in pentola normale e quando mi garba la consistenza spengo il gas! Bene, ora che abbiamo domato il cece, proseguiamo… Spremete il limone in una ciotola e aggiungete l’aglio a pezzettini piccoli piccoli, il prezzemolo e una bella presa di sale. Lasciate riposare, e già che ci siete, riposate un po’ anche voi… Quando i vostri ceci saranno cotti, scolateli e lasciateli intepidire, nel frattempo armatevi di passaverdura. Niente frullatore a immersione che la buccia dei ceci non si addice a questa ricetta! Passate i ceci al passaverdura. Unite al passato di ceci il succo di limone filtrato e il tahin e mescolate bene, dovete ottenere una consistenza pastosa e spalmabile…Fatto? OK, a questo punto date una forma e spolverate di peperoncino e prezzemolo. Il vostro hummus o simil-hummus è pronto, e, quale che sia la ricetta originale, fatto così ha un buon sapore. Benché non sia molto ortodosso assaggiatelo col prosciutto cotto, secondo me è perfetto! Vi abbraccio e vado a farmi un panino…

P.S.: un'altra ricetta che ho in qualche modo rubato al succitato chef, è quella del babaganoush, che già solo per il nome meriterebbe un post a se... e infatti appena ci saranno delle melanzane degne di questo nome, glielo dedicherò.

mercoledì 12 gennaio 2011

Oltre le apparenze

Come ho già detto, quest’anno la Befana è stata generosa con me… La mia calza di prodotti biologici era veramente sostanziosa… Anzi, era tutta sostanza: una zucca un po’ storta e sbilenca ma dolcissima e burrosa, delle mele un po’ bitorzolute ma croccanti e profumate ,  biscotti che, in apparenza, sembravano fatti di segatura ma dopo il primo morso avevano un profumo di nocciole che manco la nutella… Insomma… la sostanza sta oltre la scorza, che peccato che spesso ce ne dimentichiamo, e finiamo ingannati da noi stessi. Quante cose ci perdiamo per essere vittime delle apparenze. Di preciso non so perché sto scrivendo questo post, forse perché mi sento in dovere di essere una blogger produttiva e di sparare almeno una cavolata al giorno, o forse perché a volte capita di incontrare persone con le quali vai direttamente al di là della scorza e ti ispirano questo tipo di pensieri… Ora vi racconto una cosa, cari lettori...ma che resti tra noi J!  Oggi dopo il lavoro sono tornata a casa in uno stato d’ animo tra l’avvilito e l’incavolato e pensavo che mi sarei ripresa solo facendo un pan brioche di dimensioni oceaniche, di quelli che il lievito fa il suo dovere per benino! Ma avevo finito la Manitoba e senza quella è blasfemo fare il pan brioche. Niente da fare, pan brioche scartato! E mo’ come mi riprendo? Proprio quando sembrava che dovessi andare a dormire con la luna storta, inatteso e gradito l’invito di un amico è stato una vera terapia per lo spirito…un’oretta di chiacchiere leggere, una risata spontanea di quelle che non ci pensi, ridi e basta. Tutto qui. Tutto oltre le apparenze. La luna, da storta che era, è ritornata al suo posto e io sono ritornata a casa rasserenata. E questo è quanto, miei cari.  Vi auguro la buona notte con un proverbio che mi sono appena inventata: J “Un amico è meglio di un pacco di Manitoba ma è bene non farsi mai mancare né l’uno né l’altro”. Un abbraccio, amici lettori.